giovedì 31 luglio 2008

'U BAGNU 'O MOLU - (da I Ragazzi del molo S. Antonio di Armando Carruba)


Veni, veni... Pippu! e 'u picciriddu chiamato, si tuffava do' pileri (bitta) in quel mare azzurro del porto scandendo a sua volta il nome di un altro compagni di giochi, e così via.
Questo era l'innocente gioco do' veni veni, niente di particolare sino a quando un ragazzino dimenticava di chiamare al tuffo l'amichetto; allora come penitenza riceveva 'n abbudduni cche' manu e cche' peri; cioè ogni compagno di gioco mediante una spinta son le mani sulle spalle del penitente di turno lo mandava sott'acqua e lo spingeva più sotto possibile con i piedi; considerato che quasi sempre prendevano parte al gioco una ventina di ragazzini, ci vuole poco ad immaginare come si doveva sentire al termine di questa penitenza l'abbuddatu di turno.
C'erano anche i burloni, ne ricordo uno in particolare soprannominato Cicidda
che quando notava nuovi partecipanti al gioco, sbagliava apposta e all'abbudduni del nuovo venuto scompariva sott'acqua per poi andarsi a nascondere dietro una barca.
Comprensibile lo stato d'animo di chi aveva dato l'abbudduni, anche perchè gli altri, complici della burla, rincaravano la dose facendo spaventare il più possibile il nuovo partecipante che ansioso fissava lo specchio d'acqua.
Dopo cinque minuti, nuotando sott'acqua, riemergeva Cicidda tra le risate generali e c'era chi credeva che quel ragazzino avesse tanto fiato da poter rimanere sott'acqua ben dieci minuti!
Lui passava le giornate estive a mare, definirlo un Colapesce anni cinquanta non sarebbe per niente errato per la sua predisposizione a stare sott'acqua, ad allenarsi a toccare fondali sempre più profondi o raffinarsi nei tuffi do' pileri a volo d'angelo.
Gli altri ragazzini prendevano i mazzuni, piccoli pesci che preferivano i bassi fondali, e che si nascondevano dentro i copertoni di biciclette che numerosi si trovavano in quel basso fondale di mare di fronte al Lazzaretto; altri con un pesciolino legato ad un fil di ferro tentavano di stanare i granchi ('i ranciu pilusa).
Si passavano così le giornate estive al molo S. Antonio, prima del tramonto si tornava a casa, non prima d'essersi sciacquati alla fontanella del porto, evitando in questo modo che una prevedibile leccata da parte dei genitori sulle braccia, tradisse il bambino che a mare andava quasi sempre senza che a casa sapessero nulla.
Armando Carruba

martedì 29 luglio 2008

ACI e GALATEA

Questa bellissima leggenda nacque in Sicilia: i Greci la narravano per spiegare un avvenimento naturale come l'eruzione dell'Etna, vulcano che ai loro occhi appariva non solo maestoso, ma minaccioso e terribile ad un tempo. Narra la leggenda che il pastorello Aci figlio di Fauno, amava la ninfa del mare Galatea, ma il loro amore era contrastato dal ciclope Polifemo che si rodeva il fegato dalla gelosia.
Tutte le sere Aci raggiungeva la spiaggia e aspettava ansiosamente l'arrivo della ragazza. Un giorno però, Polifemo, che abitava da quelle parti, scoprì il tenero amore tra i due e, in preda alla gelosia e all'ira, scagliò un grosso masso sul povero Aci uccidendolo crudelmente. Galatea, impietrita dal dolore, dopo aver raccolto le ultime parole del suo amato, gridò vendetta e invocò il padre degli dei Giove, affinchè punisse il ciclope Polifemo e chiese che il pastorello restasse per sempre con lei in mare. Giove, impietosito dalle calde lacrime della ninfa, concesse che il corpo di Aci fosse trasformato in un ruscello. Così Aci sfociando in mare, continuò ad incontrare l'amata Galatea.
Questo mito è legato alla città a cui il pastorello ha dato il nome: Acireale. Nella villa belvedere si ammira il bellissimo gruppo marmoreo che raffigura il momento culminante del mito, allorquando Galatea, visto Aci morente, invoca l'aiuto del dio Giove.

lunedì 28 luglio 2008

RIENTRO di Giorgio Guarnaccia

RIENTRO
Borbottii di motori lontani
annuncian la loro venuta.
Impetuose, agili prue fendono
argentei flutti.
Son loro, gli agricoltori del mare
che fanno ritorno.
Ostinatamente hanno arato
profondi fondali.
Faticosamente hanno mietuto
con reti lucenti.
Ritornan con chiglie ricolme
dei frutti del mare.
Il molo sin'ora deserto
rivive festoso.
Con destre manovre, ecco,
ora attraccano.
Le casse, lucenti di pesci,
son scese da mani callose.
Con sguardo invidioso si scruta
colui che più ha avuto fortuna.
Or l'aria risuona di grida
di chi bandisce le gare.
E poi, d'improvviso il silenzio
ravvolge il molo deserto.
Sommesso il mare s'infrange
su chiglie dormienti
e le sartie, suonate dal vento
ricordan obliate sirene.

Giorgio Guarnaccia

LA CLESSIDRA DELLA VITA di Giorgio Guarnaccia

LA CLESSIDRA DELLA VITA
Inesorabili scorrono
nella clessidra del tempo
i granelli della nostra vita.
Quando finiranno
nessuno girerà la clessidra.

Di un pugno di rena
dotato è ognuno
all'albor della vita:
Chi un pugno abbondante,
chi meno, chi solo un granello.

Ma il conto non vale.
E' il valor d'ogni grano che conta,
se vissuto lasciando una traccia,
o bruciato e votato all'oblìo
d'una sterile vita infeconda.

Giorgio Guarnaccia

mercoledì 23 luglio 2008

S. VENERA ad AVOLA (Siracusa)

Chiesa di Santa Venera ad AVOLA (SR)
La caratteristica vecchia tonnara di Avola (SR)

La statua di S. Venera

Domenica 27 ad Avola non sarà soltanto una festa all'interno della chiesa di S. Venera, ma anche in tutto il paese.. Di mattina durante la funzione religiosa, il sindaco simbolicamente consegnerà alla Santa Patrona il tradizionale cero votivo, la sera, invece, al termine della messa c'è la processione con il simulacro della Santa che gira per le vie del paese.

Prima del suo rientro viene rinnovato l'atto di affidamento della città al patrocinio della Santa con la relativa benedizione e i fuochi d'artificio.



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martedì 22 luglio 2008

' TERRA MIA di Pippo BORDERI

SIRACUSA - mareggiata alla Mastrarua (Via Vittorio Veneto - la via maestra della Siracusa spagnola) 'A TERRA MIA
Sì tantu cantata
ca ssì 'a cchiù bedda di tutti
ccu ddi beddi viduti
e ddu mari brillanti.
Sì fatta di petri antichi
e di vecchi riordi
unni vulissutu riviviri
'u tempu passatu.
Ora, cchiù tempu passa
cchiù vecchia ti fai,
ma li ricchizzi toi
nun vanu pirduti
anzi si fanu
cchiù beddi e novi
e ammirati
di poviri e ricchi.
E tu ssì ccà
bedda, eliganti:
pari 'n armatu autu e putenti
ca tanti amari guerri
cummatti e taci, in silenziu.
E ssì ammirata fra tutti l'autri
comu a cchiù bedda e antica città.
Sarausa !

Pippo Borderi

domenica 20 luglio 2008

IL PROVERBIO DEL GIORNO


L'omu pi lu so' versu e lu voi ppi li corna
(L'uomo per il verso giusto e il bue per le corna)
Un buon consiglio per le compagne che desiderano far durare il rapporto con il proprio uomo:
Compiacere il compagno, saperne comprendere la natura, il carattere, le esigenze, insomma prenderlo ppò so' versu, così come tenere buono il bue prendendolo per le corna.

lunedì 7 luglio 2008

BACI AL GUSTO DELLA CILIEGIA (ma non per l'amico cirasa)

Una bella dichiarazione d'amore a base di ciliegia? Eccola: ssì bedda e friscacomu 'na cirasa, lu munnu vota si unu nun ti vasa! (sei bella e fresca come una ciliegia, il mondo gira se uno non ti bacia). Com'è romantica! E piace ricordarla perchè piacciono le ciliege tonde e vermiglie.
Ai ciliegi in fiore sono stati dedicati numerosi versi, dalle nostre parti la ciliegia si chiama cirasa
termine che indica anche l'albero del ciliegio (peri di cirasa) il cui pregiato legno spesso viene utilizzato per lavori di ebanisteria e falegnameria.
Di cirase ne abbiamo tante: c'è a cirasa lampasa, il cosiddetto ciliegio canino, noto anche per il cirasu-purganti o cirasa di S.Lucia, 'a cirasa amarena, a cirasa di biddizza, che è una pianta ornamentale e così via.
L'amicu cirasa, invece non è una specie di vegetale, ma il ben noto amico- ciliegia, un personaggio che non si vuole nominare e al quale si allude perlopiù con ammiccamenti e sottintesi... E' una persona che può anche esserci antipatica, e alla quale vorremmo dari li cirasi cioè pugni e cazzotti!
E poi si sa i baci sono come le ciliegie: una tira l'altra. Così possiamo fare delle belle scorpacciate di ciliegie, perchè si sa che ... Maggio ciliegie per assaggio; giugno ciliegie a pugno, e luglio di cirase m'addubbo!!!

sabato 5 luglio 2008

'A NACA A VENTU di Giorgio Guarnaccia


'A NACA A VENTU
'Na para 'i cordi, stinnuti ni la stanza
attaccati a ddu vucculi nò muru,
'na cuperta furriata ccu pacienza,
ddu ligna, misurati, 'i lignu ruru
alluntanunu 'i cordi e fanu panza
ni la cuperta; fattu accussì niru sicuru
ppi lu picciriddu, ca comu è usanza,
veni annacatu puru quannu è scuru.
Giorgio Guarnaccia

DETTI SICILIANI - la saggezza del popolo

Armando Carruba
'U bonu marinaru, sì viri 'nta tempesta.
Supra a lu mortu si canta lu misereri
Cu simina arricogghi
Cu voli manciari pateddi s'havi a vagnari la peddi
'U piscaturi prima si fa 'a so' varba, e poi chidda ri l'autri.
Quannu li piscaturi sunu cchiù di li vuccuni (chiocciole di mare) fattilla arrassu
Unni t'ha fattu la stati fati lu 'nvernu
Cu fa cridenza senza pignu, perdi la robba, l'amicu e lu stagnu.

venerdì 4 luglio 2008

LU SCECCU E LI CARRUBBI (L'ASINO E LE CARRUBE) racconto popolare

LU SCECCU E LI CARRUBBI
Un viddanu andava al mercato, tirando per la cavezza il suo asino carico di carrube. Arrì... arrì... ccà! e lo strattonava, mentre quel povero animale stentava a camminare per il carico che portava e per le pietre della strada... e finì che scivolò.
Aiutami Cristu! ... e comu fazzu? Si trovò a passare un giovane che l'aiutò a sollevare asino e carrube; ma di carrube se ne mise in tasca due manate.
Latru cchi fai? e gli sferra un colpo di bastone, un brutto colpo che lo tramortì; ma quello si riprende ed afferra una pietra... e grida e scaglia sassi contro il villano.
Accorre gente e passano per caso i carabinieri; giovane e villano ed asino finiscono in caserma; il ladro in galera, il villano querelato, l'asino con le carrube sequestrato.
Ma si deve pensare pure all'avvocato. . . e a causa fatta, il villano giustamente aveva ragione in merito alle carrube rubate, ma dalla ragione si portò a torto, giacchè non toccava a lui castigare. Il giovane però l'aveva aiutato e una ricompensa pur gli toccava, solo che se la prese lui stesso, una manata di carrube... e gli toccò di più una mazzata! E le spese del processo, l'avvocato, la carta bollata, la stalla e la biada per l'asino?
Il villano per pagare tutto ha dovuto vendere asino e carrube; per questo dopo un mal'affare si suole dire: Persi 'u sceccu e tutti 'i carrubbi !

giovedì 3 luglio 2008

OCCHI VERDI di Rosalba Randone

OCCHI VERDI
Guardare i tuoi occhi verdi
è un piacere
perdersi in essi
è una dannazione
svegliarsi e ammirarli
è l'estasi.

Rosalba Randone
da QUADERNO D'APPUNTI: RICORDI ED EMOZIONI - poesie

mercoledì 2 luglio 2008

PALUMMA CA CAMINI MARI MARI popolare

Palumma janca
ca camini mari, mari
fermati
quantu di dicu ddu paroli,
dammi 'na pinna
di ssì janchi ali
quantu scrivu 'na littra
a lu mé amuri.
Tutta d'amuri ci la vurrìa fari
e ppi sigillu ci mettu lu cori
janca palumma
tu ci l'ha purtari
unni si spogghia e vesti
lu mé amuri.
E ci la porti
versu l'una e menza
quannu si trova a tavula
ca mancia.

popolare


CUNSIGGHI DDA' NANNA

MANDARE VIA LE MOSCHE CON L'AIUTO DEL POMODORO
Forte e penetrante, l'odore delle piante del pomodoro non è tra i più gradevoli, soprattutto se mischiato con altri nell'orto. Questo però non significa che non abbia una sua utilità. Niente infatti è tanto capace di tenere lontane le mosche dalla casa quanto un ramo di pomodoro appeso alle pareti. Non sopportandone l'odore gli importuni insetti si dirigeranno verso lidi più profumati e ospitali.

martedì 1 luglio 2008

L'OCCHIU DA SICILIA - popolare

MESSINA Rovine del terremoto del 1908
MESSINA il Re visita i terremotati.
L'OCCHIU DA SICILIA
Quannu lu tirrimotu fu a Missina,
e subissari Cristu la vulìa,
ogni cità di munti e di marina
ccu chiantu a lu so' chiantu arrispunnia;
cùrsiru avanti a la bontà divina
Sant'Aituzza e Santa Rusalia,
dicennu a Diu: si livati Missina,
orva arresta Sicilia, amara mia!
(popolare)

MUNGIBEDDU - popolare

L'Etna ripresa dal finestrino dell'aereo.
MUNGIBEDDU
Lu munti di li munti è mungibeddu:
la cima tocca li celi stiddati.
(popolare)
L'Etna dal latino "mons" (monte) e dall'arabo "gebel" (montagna) : monsgebel = montemontagna. I catanesi chiamano l'Etna 'a Muntagna.

CATANIA di Nino Martoglio

Catania - piazza duomo.
Catania - il porto CATANIA
Catania, li so' chiazzi, li so' strati...
l'occhi di li so' donni non tinciuti!
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E la Villa Billini, 'ntra la 'stati
cu lu passiggiu di tutti li ziti,
cu' tristi, cu' fistanti, cu' 'ncagnati,
cu' 'ncunnatizzi e cu' tutti puliti !
Nino Martoglio

NOSTALGIA di Giuseppe Amenta

NOSTALGIA
A volte mi capita di guardare l'arcobaleno
con i suoi colori, vorrei dipingere
con lo sfondo azzurro dei miei pensieri,
la tenerezza che,
una volta la provavo anch'io
e ne ho tanta nostalgia;
la dipingerei con i ricordi più belli,
seduto in una sterminata prateria
piena di fiori profumatissimi,
vicino al mare, col suo colore verde smeraldo,
anch'esso rigoglioso di vita subacquea
mentre un gabbiano si alza alto nel cielo,
tuffandosi nel segreto della speranza.

Giuseppe Amenta

email dell'autore della poesia: giuseppeamenta3@libero.it

per contattarci - anteaspoesie@yahoo.it