domenica 24 maggio 2009

I CALAFATARI - da I RAGAZZI DEL MOLO S. ANTONIO di Armando Carruba


I CALAFATARI
Al cantiere - dicono - sono rimasti solo artigiani anziani, i tempi cambiano e le aspirazioni della gioventù sono diverse, e quindicome si suol dire: chianciri 'u mortu ssù lacrimi persi.
Basta passare di là in macchina e dare uno sguardo al cantiere, che per incanto lo vedi come ai bei tempi, pieno di pescherecci e barche e con i ragazzini a gironzolare di nascosto tra le imbarcazioni sognando ad occhi aperti le avventure dei pirati e del corsaro nero.
Il risveglio era rappresentato da un addetto ai lavori che era sempre pronto a menar le mani per quell'improvvisata ciurma che doveva alla svelta levare l'ancora, ma questo non dissuadeva nessun ragazzino ad andare a giocare in quel cantiere.
Negli anni '50 c'era una barchetta che doveva servire ai calafatari per spostarsi, via mare, da un'imbarcazione all'altra, e la sera era lì, priva di remi e legata ad un anello di ferro del molo.
Prenderla non era impresa da poco considerato che il cantiere era custodito anche di notte, quindi i picciriddi prima si procuravano delle tavolette tolte alle cassette per pesci, e che dovevano servire da remi, e dopo controllavano i movimenti del guardiano.
Quando lo ritenevano opportuno, cercando di fare meno rumore possibile, di corsa alla barchetta! il più esperto scioglieva il nodo che la teneva legata all'anello di ferro e dopo tante discussioni su chi doveva salirci sopra.... avanti tutta !!!
Questo succedeva perchè i ragazzini presenti all'operazione erano molto di più rispetto alla capienza della barchetta.
Andava a finire che le lagnanze, non più a bassa voce, di chi era rimasto a terra, facevano accorrere il guardiano con il risultato di procurare un fuggi fuggi generale di chi era in cantiere, e un improvvisato e veloce attracco della barchetta al molo di fronte per evitare il rimprovero manesco del custode a quella ciurma improvvisata.
In questo cantiere, i ragazzini delle Carcare e Puzzu 'ngigneri, hanno imparato a remare ... spero che anche questi simpatici calafatari remino ancora per tanto e tanto tempo!

Armando Carruba

mercoledì 20 maggio 2009

MANGIAR SICILIANO - Insalata di mare

Ingredienti per 4 persone:
300 gr di polpo, 400 gr di calamari, 700 gr di gamberetti, 400 gr di cozze, 300 gr di volgole, 3 limoni, olio extra vergine, sale e pepe quanto basta, un mazzetto di prezzemolo, aceto.
procedimento:
Bollite i polpi e calamari separatamente in abbondante acqua salata. A parte lessate i gamberi con un pò di aceto affinché, una volta sgocciolati, non diventino neri. Mettete un tegame sul fuoco vivo e ponetevi le cozze e le vongole e attendete finché le valve non siano tutte aperte.
Scendetele dal fuoco conservando il liquido che avranno emesso e mettetele da parte dopo aver eliminato le valve.
Appena il polpo e i calamari saranno cotti, scolateli e tagliate il polpo a tocchetti e i calamari ad anelli. Prendete un piatto di portata, mescolate polpi, calamari, cozze, vongole, gamberetti e condite con olio e succo di limone, sale, pepe macinato e aggiungete un paio di cucchiaini di liquido di cottura delle cozze e delle vongole passato in un colino.
Spruzzate con abbondante prezzemolo tritato.

BUONA VISTA! PERCHE' DI SICURO L'APPETITO NON MANCHERA' !

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LA LEGGENDA DEL MOSCATO

Sull'origine dell'uva moscata si racconta la seguente leggenda:
Falaride, tiranno di Siracusa, aveva una figlia cieca, alla quale piacevano i grappoli di una sua piccola vigna.
Perciò egli diede incarico di vigilare au tale vigna ad un servo della gleba, che per tutto il giorno si aggirava tra le viti e con una specie di pennacchio scacciava gli insetti.
Un pomeriggio un sonno misterioso colse il poveretto e quando si svegliò constatò terrorizzato che ogni acino rivelava la sosta di un insetto; perciò fu grande la sua meraviglia quando la figlia di Falaride, come sempre ogni pomeriggio, dopo aver assaggiato l'uva la trovò deliziosa e rivelò al contadino che il sonno glielo aveva mandato Demetra, affinchè le api, e non le mosche, addolcissero la sua uva, lasciando su ogni acino un segno perchè fosse possibile riconoscere senza errore l'uva segnata dalla pietà della dea.
E la fanciulla finalmente per una volta sorrise, alla dea e alla vita!

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BASILICO PER L'INVERNO

Tagliare le cime più belle di basilico o raccogliere le foglie più larghe; metterle in acqua e, dopo averle sciacquato assai, sistemarle in vaschette per il ghiaccio colmandole d'acqua. Passare le vaschette così piene nel frigo-congelatore; quando nell'inverno gioverà basilico, rompere un pezzo di quel ghiaccio e metterlo a sciogliersi: si troverà il basilico come raccolto fresco nell'orto.

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TIRITERE

TRAVAGGHIAMU TRAVAGGHIAMU
Travagghiamu travagghiamu
c'è Maria ca n'accumpagna
n'accumpagna stamatina
ppi pighiarini l'acquazzina;
l'acquazzina è 'na spunzera
ni dicitini li pinzera
l'acquazzina è nna la menti,
binidicitini li sentimenti;
l'acquazzina è nn'i violi
biniticitini li paroli;
l'acquazzina è n'ta li puma
binidicitini la pirsuna;
l'acquazzina è in ogni cosa
binidicitini li fusa;
l'acquazzina veni da lu mari
binidicitini li tilari.
Travagghiamu travagghiamu
c'è Maria ca n'accumpagna
(da "QUANNU EVUMU A SCOLA" di Alfio Caltabiano)

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PERSONAGGI SICILIANI - Antonello Gagini

La statua del Battista di Antonello Gagini del 1525, è l'unica rimasta delle tredici statue che adornavano l'antico Apostolato nel Duomo di Messina.

Antonello Gagini (1478 - 1536) era palermitano di nascita ed è famoso per avere scolpito statue di Madonne di rara bellezza e amore di madre. I suoi lavori sono in tutta la Sicilia, sia nelle grandi chiese che in quelle di campagna. Quando una statua della Madonna è bella si dice: pari fatta ri Gagini! (sembra fatta da Gagini)

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CANZONI SICILIANE - Cantu da vinnigna

E javi un annu ca zappu la vigna
cu la spiranza di lu vinnignari
nun ristò manu nittannu 'ramigna
e mancu ugna nittannu sipala.

Ora chi vinni, ora chi vinni
lu tempu pi lu vinnignari
comu a Pilatu, comu a Pilatu
comu a Pilatu mi lavu li mani

E trallaleru, e trallaleru
e trallaleru lalleru lla lla.
(canzone popolare)

CANTO DELLA VENDEMMIA - Ed è un anno che zappo la vigna/ con la speranza di vendemmiare/ non è rimasta mano pulendo ramigna/ e neanche unghia pulendo siepi./ Ora ch'è venuto, ora ch'è venuto/ il tempo di vendemmiare/ come Pilato, come Pilato/ come Pilato mi lavo le mani./ E trallalero e trallalero/ e trallalero lallero lla lla.

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'U CARRITTERI CANTA - cantu d'amuri


Affaccia a la finestra, oh rosa amata
- ca ppi na rosa c'appizzu la vita! -
quannu ti vidu a la finestra amata,
bedda, mi tiri cu la calamita;
ppi viriri unni dormi o sì curcata
oh Diu! addivintassi taddarita!
Ca t'haju amuri, o schetta o maritata
a pena d'appizzarici la vita!

MODI DI DIRE DIALETTALI

Scupa nova scrusciu fa!
(Le cose nuove nei primi tempi sembrano migliori delle precedenti)

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MATRI MIA - Bianca Maria REALE

Ucchiuzzi duci culuri ddo' mari
'n cori granni ca rialò amuri
mamma di li mammi nun ci su pari
vulasti palumedda senz'ali.
E nni lassasti accussì a pinzari
a sta' vita di gioii e duluri
chi vali aviri 'o munnu dinari
ssi campi 'na vita senz'amuri.
Di la famigghia vulisti unioni
luntani tutti 'i discussioni
ssi nni vulemu beni frati e soru
nnu rialasti tu stu gran tisoru.
Bianca Maria REALE

MADRE MIA - Occhietti dolci colore del mare/ un cuore grande che regalò amore/ mamma delle mamme non ci sono confronti/ volasti colombella senz'ali/ E c'hai lasciato così a pensare/ a questa vita di gioie e dolori/ che vale avere al mondo i soldi/ se vivi una vita senz'amore/ Della famiglia hai voluto l'unione/ lontane tutte le discussioni/ se ci vogliamo bene fratelli e sorelle/ ce l'hai regalato tu questo gran tesoro.

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'U DUTTURI 'NTO BUMMULU - Puntura di vespa

Pizzicatina di vespa
'Na fidduzza di cipudda tinuta supra 'a pizzicatina cu 'na lama 'i cuteddu;
avvicinari 'a parti ca doli 'a capòcchia d'un pospiru;
avvicinari 'a lama d'un cuteddu do' latu unni tagghia supra 'a parti chi doli e facennuci 'na cruci; 'u ferru lassatu da' vespa si smuzza cull'àutru ferru e 'u duluri passa sùbitu; intantu diri 'sta prijera:
San Paulu fici 'a vespa
e San Paulu la dumò

PUNTURA DI VESPA
Una fettina di cipolla tenuta sulla puntura con una lama del coltello;
accostare alla parte che duole la capocchia d'uno zolfanello;
accostare la lama d'un coltello dal lato del taglio sulla parte che duole e segnandovi una croce: il ferro lasciato dalla vespa si neutralizza con l'altro ferro e il dolore passa subito; intanto recitare questa preghiera:
San Paolo fece la vespa,
e San Paolo la domò

martedì 19 maggio 2009

PROVERBIO



I proverbi, sono la saggezza dei popoli ! - almeno così dicono - Questo consiglia di non comprare o vendere ... non fare affari in genere con parenti, amici e vicini.

venerdì 8 maggio 2009

Il barocco di NOTO



NOTO è la città capovallo ricostruita con criteri scenografici sul colle Meti, nei pressi del fiume Asinaro, dopo la distruzione della città antica posta sul monte Alveria. Noto accoglie il turista con tutto lo splendore delle sue architetture barocche, disposte armonicamente nel tessuto urbano disegnato ortogonalmente come in uno scenario aperto.

lunedì 4 maggio 2009

NOI MANDORLE LUMACHE E CONIGLI di Michele Colonna



NOI MANDORLE LUMACHE E CONIGLI

Conosciamo questa campagna da quando
eravamo ragazzi.
E' ppena finita la pioggia
e usciamo a cercare lumache parlando
di quando eraamo a Milano.
Ora ci viene da ridere
ma gettavamo sangue.
Ora camminiamo come leoni
con le maniche rimboccate
il petto un passo più avanti
e i muri saltandoli senza toccarli.
Ogni tanto leviamo il braccio
verso una pianta di mandorle
e allora ci pare che il mare
ci arriva sotto l'ascella.
Ogni volta ne prendiamo cinque precise
come le dita della mano.
Il rumoricci per schiacciarle
parte dal centro del mondo.
Le lumache dentro il paniere
con tutta la schiuma bianca che fanno
stanno pensando alle onde del mare.
Noi pure pensiamo ogni tanto
riuscendo perfino a vederci
stanotte tra Priolo e Melilli
come dietro una specie di tenda
tutti dentro la notte profonda
in mezzo alla luce che abbaglia i conigli.
Le scorze delle mandorle erano sempre
sopra i muri dove le avevamo lasciate
e ridendo prendevamo il sole
dentro la pancia.

Michele Colonna